Le maschere tradizionali di Carnevale lombarde

Maschere di Carnevale

 

Il bello di Carnevale è la possibilità, per un giorno, di diventare qualcun altro, che sia un supereroe, il protagonista di un cartone, il personaggio di una fiaba o una delle maschere classiche. Continuiamo, allora, il nostro viaggio nelle tradizioni di Carnevale, parlando delle maschere tradizionali di Carnevale lombarde. Leggi anche cosa fare a Carnevale in Lombardia.

Le regioni italiane sono ricche di maschere tradizionali di Carnevale, di origine diversa: nate dal teatro dei burattini, dalla Commedia dell’arte, da tradizioni arcaiche o ideate appositamente come simbolo dei festeggiamenti nelle varie città.

 

Arlecchino

Le maschere tradizionali di Carnevale di Begamo

Arlecchino 

Quando si parla di maschere tradizionali di Carnevale viene subito in mente arlecchino, che con il  napoletano Pulcinella è uno dei simboli del Carnevale italiano. 

Questa maschera nasce a Bergamo ed è nota, soprattutto, per il suo abito a triangoli rossi, verdi, gialli, azzurri disposti a losanghe.

Si dice che un tempo il costume di Arlecchino, fosse completamente bianco, come quello di Pulcinella e che a furia di rattoppi, si sia trasformato nel variopinto costume che tutti oggi noi conosciamo, dai colori vivaci e brillanti.

La maschera di Arlecchino rappresenta la figura del servo sciocco, chiacchierone, dispettoso e che ama combinarne di tutti i colori. Si muove saltellando, fa piroette, inchini e capriole, inciampa e cade. A volte è complice del suo padrone; mentre altre cerca di imbrogliarlo. Ha sempre in mano un bastone di legno, il “batocio” che un tempo veniva utilizzato per girare la polenta e per condurre le mandrie al pascolo.

Quella di Arlecchino è, però, anche una bellissima favola.

Moltissimi anni fa, a Bergamo, viveva un bambino, chiamato Arlecchino. Era molto povero ed abitava con la sua mamma in una misera casetta. Per carnevale la sua maestra organizzò una bella festa e propose a tutti i bambini di vestirsi in maschera. Arlecchino era triste perché la madre, che era vedova e povera, non poteva comperare la stoffa per il suo vestito. Gli amici di Arlecchino, allora, gli regalarono gli avanzi di stoffa utilizzati dalle loro mamme per cucire i loro costumi, così la mamma di Arlecchino poté cucirgli il vestito. La mattina del martedì grasso, quando Arlecchino entrò in classe lo accolsero con un fragoroso applauso perché il suo vestito, non solo era il più bello, ma anche il più originale.

Nel borgo medioevale di Oneta a San Giovanni Bianco, in provincia di Bergamo, all’interno di palazzo Grataroli, si può visitare la Casa Museo di Arlecchino. 

Brighella

Tra le maschere tradizionali di Carnevale di origini bergamasche vi è, poi, Brighella, che però ci tiene a precisare di essere originario di Bergamo alta, mentre Arlecchino è di Bergamo bassa. 

Furbo, malizioso, bugiardo, attaccabrighe e insolente, Brighella si diverte a organizzare intrighi ai danni di Pantalone. 

Il suo abito è una livrea bianca con righe verdi, avvolta da un mantello bianco.

Nella metà del ‘700 circa, con Goldoni, il personaggio si evolve e diventa un servo saggio, sempre scaltro, ma fedele al proprio padrone e pronto ad aiutarlo.

Gioppino

Gioppino, una maschera bergamasca con tre grossi gozzi, che sfoggia come gioielli, è un contadino dal cuore buono, che quando serve diventa scaltro e lesto di mano. 

Simpatico e furbo, Gioppino vorrebbe guadagnare di più, faticando di meno. Il suo vestito  è composto da camicia e giacchetta, sopra un paio di pantaloni corti. Porta, poi, sempre con se un bastone che serve a girare la polenta ed, all’occorrenza, a scacciare i furbastri.

Mezzettino 

Mezzettino, furbo ed intrigante, è una delle variazioni del personaggio dello Zanni.

Il suo nome sembra derivare dal termine “mezzettin boccale” indicante la mezza misura. Indossa un costume caratteristico a strisce formate da losanghe colorate disposte verticalmente.

Le maschere tradizionali di Carnevale di Milano

Meneghino

Meneghino, con un carattere estroverso e allegro, (in milanese Meneghin) è la tipica maschera di Milano. Il nome deriva da Domenighino, ovvero il servo che veniva usato la domenica. 

A differenza delle altre maschere, nella Commedia dell’Arte, in realtà, Meneghino non ha un ruolo definito: a volte è servo e a volte è padrone. Ciò che però caratterizza sempre questo personaggio è il suo carattere estroverso e allegro ed il forte senso morale che lo porta a essere una sorta di censore nei confronti dei vizi di clero e nobiltà.

Durante la dominazione austriaca divenne simbolo del popolo milanese per la sua tensione alla libertà. 

Meneghino indossa, come copricapo, il tipico cappello a tre punte ed una parrucca con il codino francese. Porta, poi, una giacca lunga rossiccia e marrone, dei calzoni verdi e delle calze a righe rosse e bianche. La sua caratteristica, infine, è che non indossa una maschera.

Cecca

Meneghino ha anche una moglie, Cecca, il cui nome deriva da Francesca.

Dotata di fantasia, buona volontà e intraprendenza, Cecca serve al meglio i suoi padroni e aiuta Meneghino. I due rappresentano insieme la tipica coppia milanese che riesce a far quadrare i conti con tanto sudore ed astuzia. 

Anche lei, come il Meneghino, non porta la maschera. Indossa zoccoli in legno, calze azzurre, un grembiule bianco, una veste granata a pois bianchi, un corsetto nero con pizzi e bottoni d’oro, uno scialle e la coroncina tipica brianzola, la raggiera o guazza.

Beltrame

Questa è un’antica maschera di origine milanese. Beltrame è conosciuto con il soprannome di Beltrame de Gaggian (da Gaggiano), borgata della bassa milanese da cui trae origine, o anche “de la Gippa”,per via della ampia casacca che solitamente indossa. Rappresenta il personaggio del contadino stolto e fanfarone, capace solo di combinare stupidaggini, volendosi mostrare più signore di quanto non sia.

Maschere tradizionali di Carnevale di Como

I bej (belli), i brutt (brutti), la Ciocia, i Sapor e la Sigurta 

I bej (belli), i brutt (brutti), la Ciocia, i Sapor e la Sigurta sono maschere provenienti da Schignano. I bei e i brutti rappresentano la divisione sociale tra uomini semplici e uomini malvagi. I primi indossano vestiti belli e preziosi, mentre i brut vestono miseramente, con indumenti e scarpe vecchi e malridotti. 

La Ciocia è una figura femminile interpretata da un uomo, che rappresenta la moglie serva del bej. 

I sapor sono due figure vestite di pelli di pecora, con il ruolo di guidare il corteo; mentre la Sigurta è una maschera che ha il compito di sorvegliarlo.

Maschere tradizionali di Carnevale di Crema

Il Gagèt col sò uchèt

Il Gagèt col sò uchèt è un contadino che raggiunge la città per vendere la sua mercanzia. Per l’occasione, veste un abito dignitoso, composto di zoccoli di legno, un fazzoletto bianco e rosso, legato attorno al collo, e un cappello. Caratteristica è, poi, l’oca che porta in un cesto.

Maschere tradizionali di Carnevale di Varese

Pin Girometta

Rappresenta un venditore girovago, sempre attivo ed allegro, intento a vendere le giromette e altri piccoli oggetti. Questa maschera è stata ideata dal professor Giuseppe Talamon nel 1956. Il personaggio indossa una giacca verde scuro, calzoni di velluto nero, calzini a righe e cappello.

Maschere tradizionali del Carnevale di Mantova

Re Gnocco

Re Gnocco è un personaggio tipico del carnevale di Castel Goffredo. È un personaggio robusto, che indossa un mantello di ermellino, una parrucca ed una corona. Impugna, poi, una grossa forchetta sulla quale è infilzato un grande gnocco.

Altre maschere tradizionali di Carnevale lombarde

Altre maschere tradizionali di Carnevale lombarde degne di nota sono Re Resegone e Regina Grigna di Lecco, Tarlisu e Bumbasina, di Busto Arsizio, Bagoss del Bresciano, ed i balarì e i maschèr, che caratterizzano il carnevale di Bagolino.

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